la propria
visione interiore senza soffocarla e senza d'altra parte
lasciarla cadere in un confuso,
louis vuitton borse, labile fantasticare, ma
permettendo che le immagini si cristallizzino in una forma ben
definita, memorabile, autosufficiente, "icastica". Naturalmente
si tratta d'una pedagogia che si pu?esercitare solo su se
stessi, con metodi inventati volta per volta e risultati
imprevedibili. L'esperienza della mia prima formazione ?gi?
quella d'un figlio della "civilt?delle immagini", anche se essa
era ancora agli inizi, lontana dall'inflazione di oggi. Diciamo
che sono figlio di un'epoca intermedia, in cui erano molto
importanti le illustrazioni colorate che accompagnavano
l'infanzia, nei libri e nei settimanali infantili e nei
giocattoli. Credo che l'essere nato in quel periodo ha marcato
profondamente la mia formazione. Il mio mondo immaginario ,
Louis Vuitton Sito Ufficiale?stato
influenzato per prima cosa dalle figure del "Corriere dei
Piccoli", allora il pi?diffuso settimanale italiano per bambini.
Parlo d'una parte della mia vita che va dai tre anni ai tredici,
prima che la passione per il cinema diventasse per me una
possessione assoluta che dur?per tutta l'adolescenza. Anzi,
credo che il periodo decisivo sia stato tra i tre e i sei anni,
prima che io imparassi a leggere. Negli anni Venti il "Corriere
dei Piccoli",
Louis Vuitton Borse outlet; pubblicava in Italia i pi?noti comics americani del
tempo: Happy Hooligan, the Katzenjammer Kids, Felix the Cat,
Maggie and Jiggs, tutti ribattezzati con nomi italiani. E c'erano
delle serie italiane, alcune di ottima qualit?come gusto grafico
e stile dell'epoca. A quel tempo in Italia il sistema dei
balloons con le frasi del dialogo non era ancora entrato nell'uso
(cominci?negli anni Trenta quando fu importato Mickey Mouse); il
"Corriere dei Piccoli" ridisegnava i cartoons americani senza
balloons, che venivano sostituiti da due o quattro versi rimati
sotto ogni cartoon. Comunque io che non sapevo leggere potevo
fare benissimo a meno delle parole, perch?mi bastavano le
figure. Vivevo con questo giornalino che mia madre aveva
cominciato a comprare e a collezionare gi?prima della mia
nascita e di cui faceva rilegare le annate. Passavo le ore
percorrendo i cartoons d'ogni serie da un numero all'altro, mi
raccontavo mentalmente le storie interpretando le scene in
diversi modi, producevo delle varianti, fondevo i singoli episodi
in una storia pi?ampia, scoprivo e isolavo e collegavo delle
costanti in ogni serie, contaminavo una serie con l'altra,
immaginavo nuove serie in cui personaggi secondari diventavano
protagonisti. Quando imparai a leggere, il vantaggio che ricavai
fu minimo: quei versi sempliciotti a rime baciate non fornivano
informazioni illuminanti; spesso
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