Sarà che Barack Obama e Hillary Clinton stannomonopolizzando il variegato mondo dei media statunitensi. Sarà che la politicainternazionale ha avuto il suo daffare, tra conflitto israelo-palestinese,indipendenza del Kosovo e ritiro di Castro. Fatto sta che in pochi si sonoaccorti del successo di immagine che ha investito George W. Bush, fresco di untrionfale viaggio di sei giorni in Africa e di un doppio"endorsement" a suo favore da parte della rockstar Bob Geldolf edell'attrice Angelina Jolie. Due personaggi lontanissimi dalla politica deirepubblicani, capaci però di sostenere il presidente in merito alla suapolitica a favore dell'Africa (è il caso di Geldolf) o alla scelta di mantenerele truppe americane in Iraq (quello che ha fatto Angelina, di ritorno da unviaggio a Bagdad).
Bob Geldolf lo conosciamo tutti. Rockstar di scarso successo, negli anniOttanta ha deciso di votarsi alla causa africana organizzando (siamo nel 1985)il celeberrimo "Live Aid", il più grande concerto di beneficenzadella storia. Col passare degli anni, Geldolf ha trovato un compagno di stradanel cantante degli U2 Bono Vox, a capo dell'organizzazione umanitaria"One". Nel 2005, Geldolf ha voluto replicare il successo del"Live Aid" lanciando il "Live 8": altro megaconcerto,spalmato sulle maggiori capitali europee. Un ulteriore successo, una nuovavalanga di dollari per combattere la povertà.
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? stato proprio Geldolf, pacifista e lontano dalle posizioni repubblicane, halanciare una pesante accusa contro la stampa statunitense: "Questo è unvero trionfo per la politica estera americana,
hogan scarpe, e voi non vi avete prestatoneanche un po' di attenzione". Di quale trionfo parla Geldolf? Parla delviaggio di sei giorni compiuto in febbraio dal presidente George W. Bush, unavisita ufficiale passata in secondo piano. Perché? Semplice, perché Bush èandato in Africa: e l'Africa, Geldolf insegna, continua a non fare notizia.
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Nella settimana del viaggio presidenziale, Bush ha visitato Benin, Tanzania, Ruanda,Ghana e Liberia. In ognuno di questi paesi è stato accolto entusiasticamente,tanto dai governi quanto dalla popolazione: nessuna traccia dellemanifestazioni di protesta che accompagnano puntualmente le trasferte delpresidente degli Stati Uniti. E la ragione è semplice: come sottolineaampiamente Geldolf, George W. Bush è l'uomo che si è maggiormente speso per lalotta alle malattie e alla povertà dell'Africa. Dove gli altri leader mondialihanno promesso a vanvera (e l'Italia, stando a quanto denunciò Bono Vox tempofa, è tra le prime della lista), gli Stati Uniti sono intervenuti condecisione.
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La politica africana dell'amministrazione Bush,
hogan outlet, che solo la storia potràrivalutare appieno, è vincente nella suacommistione di dollari e piani strategici per farli rendere al meglio. Qualcheesempio? 15 miliardi di dollari per combattere l'Hiv in tredici paesi africani,il tutto coordinato dall'efficiente President's Emergency Plan for Aids Relief.Un progetto economico volto a far incrementare le esportazioni africane versogli Stati Uniti (si tratta dell'African Growth and Opportunities Act). Eancora: l'Africa Education Initiative, che ha diffuso libri di testo, insegnantie borse di studio, e il Millennium Challenge Account,
hogan outlet, un piano di assistenzaper i paesi più meritevoli sul piano delle politiche sociali. Iniziativeconcrete, tali da colpire lo stesso Bob Geldolf che da anni si scontra conpromesse al vento e beneficenza da fame.
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Geldolf non si è limitato a un semplice elogio, ma ha seguito Bush e ha resoconto del viaggio africano per la prestigiosa rivista "Time". Unarticolo lungo e articolato, che ha molto da dire sulla situazione africana esui progetti americani per combattere la povertà. Dentro si legge che nel 2003solo 50.000 africani avevano accesso al vaccino per l'Hiv, mentre oggi sono 1,3milioni. Si scopre che gli Stati Uniti hanno versato da soli un terzo deidollari presenti nel Global Fund per combattere Aids, tubercolosi e malaria.Che nel corso della trasferta africana, Bush ha rilanciato queste lotteindicando puntualmente quanti dollari verranno destinati alle diverseproblematiche sul tappeto.
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Perché, chiede Geldolf, gli americani non sono stati messi a conoscenza ditutto questo? "Ho provato a dirglielo" risponde il presidente"ma la stampa non sembrava molto interessata". Sul suo interessamentonei confronti dell'Africa, cresciuto ininterrottamente col passare degli annialla Casa Bianca, Bush afferma che "la sofferenza umana deve venire primadegli interessi commerciali". Una bellissima affermazione, commenta larockstar, rilasciata dopo la visita al Memoriale del Genocidio in Rwanda. Unavisita che – come avvenne in occasione dello Yad Vashem di Gerusalemme – haprofondamente commosso il presidente: "Il male esiste. E in forme a talpunto brutali".
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Lasciata l'Africa e Geldolf – il suo articolo merita davvero di essere letto:va oltre il singolo viaggio fino a comporre un ricco ritratto presidenziale –,Bush ha trovato poi un'altra sponda (assolutamente inaspettata) stavolta aHollywood. Protagonista dell'endorsement è Angelina Jolie, attrice e moglie diBrad Pitt. Anche la Jolie, al pari di Geldolf, è attenta alle questioniumanitarie: ha ottenuto la cittadinanza cambogiana ad honorem ed èambasciatrice dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati.
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Angelina, appena rientrata dalla sua seconda visita in Iraq in sei mesi, hapreso in mano carta e penna e ha scritto una lettera al "WashingtonPost": "L'America ha l'obbligo morale di aiutare le famigliesfollate. Oltre due milioni di iracheni sono rifugiati nel loro stesso Paese,senza casa, lavoro, cibo, medicine e acqua potabile. Il 58 per cento hanno menodi 12 anni". Per fare questo, dice la Jolie, è assolutamente necessarioche gli Stati Uniti rimangano stabilmente in Iraq: quello che vuole fare ilrepubblicano John McCain (così come il padre-repubblicano dell'attrice, JohnVoight, sponsor di Giuliani e da anni in rotta con la figlia) e quello cheassolutamente non vogliono i candidati democratici, Barack Obama e HillaryClinton.
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A loro, da democratica e supporter, si rivolge l'attrice: "Abbiamo unserio interesse di sicurezza nazionale a lungo termine nel porre fine a questacrisi. Gli Stati Uniti non possono permettersi di correre il rischio che oltrequattro milioni di poveri e sfollati nel cuore del Medio Oriente esplodano inuna violenza disperata, consegnando l'intera regione a un'ulteriore spirale dicaos". Ma non è tutto. Come ormai anche la stampa più progressista sitrova costretta a fare, l'attrice sottolinea anche l'importanza dei progressiottenuti nella regione: "Non possiamo permetterci di sperperare iprogressi fatti" ha dichiarato, in riferimento al "surge" delgenerale Petraeus – che ha incontrato personalmente, insieme al premieral-Maliki e ad alcuni soldati statunitensi. E proprio dal generale Petraeus,che ha fatto un'ottima impressione alla Jolie, la star di Hollywood dice diaver ottenuto importanti assicurazioni: "Mi ha promesso di appoggiare almassimo ogni nuovo sforzo per risolvere la crisi umanitaria".
Non un elogio di Bush – la Jolie è sempre stata contraria all'interventomilitare –, ma un riconoscimento positivo delle ultime iniziative militari eumanitarie. E, soprattutto, una condanna del principale obiettivo dellacampagna democratica: via dall'Iraq, il prima possibile.
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